Il golf è uno sport affascinante, ricco di effetti positivi per la salute, grazie al contatto con la natura e all’allenamento costante a basso impatto aerobico. La sua diffusione in Italia stenta però ancora a crescere, per questioni culturali – sopravanzato dall’intoccabile calcio, ma anche da molti altri sport come il tennis, il nuoto, l’atletica eccetera – e anche per convinzioni limitanti che da sempre lo relegano a “sport per ricchi”.
Nella visione comune infatti, il golf è considerato ancora uno sport per chi ha la tasche piene, nonostante il momento attuale racconti tutt’altra situazione, ovvero quella di uno sport non più esclusivo. Adesso, se preso con le dovute cautele, è infatti possibile giocare a golf spendendo una cifra annuale comparabile a quella di un abbonamento in palestra: basta saper scegliere l’attrezzatura giusta per iniziare (esistono set da principianti a basso prezzo) e non ricercare per forza il club più esclusivo al quale iscriversi, dal costo – quello sì – per pochi eletti.
Ma la domanda che sorge spontanea è: perché il golf è considerato uno sport per ricchi? Da dove nasce questo modo di intenderlo che mette d’accordo tutte le persone che non lo conoscono veramente?
Per rispondere è necessario tornare indietro nel tempo, alla nascita e allo sviluppo di questo sport.
Storia di uno sport aristocratico
Il golf ha origini controverse e difficilmente certificabili: sono state tante le forme antenate di uno sport ancora in divenire fino al primo documento ufficiale di storia del golf che ne dimostra l’esistenza: il decreto emanato dal re di Scozia Giacomo II nel 1457.
Insomma, il golf moderno nasce in Scozia, paese nel quale ancora oggi è lo sport più praticato, come del resto in gran parte del mondo.
Il percorso più antico è il mitico St.Andrews, mentre il primo Golf Club risale al 1744: fu il Gentlemen Golfers di Leith, luogo nel quale sono state redatte anche le prime regole del golf dal fondatore W. St. Clair di Roslin, maestro ereditario della massoneria scozzese. E questo la dice lunga proprio sull’origine del golf, di matrice aristocratica e presto divenuto passatempo per nobili, che lo praticavano vestiti eleganti, con giacca, pantalone attillato e basco in testa. Solo a loro, al principio, veniva concesso di giocare.
L’essenza stessa delle regole del golf create in quegli anni ne ha alimentato l’esclusività:
- il giocatore è obbligato a tenere comportamenti sobri, ad esempio seguendo un’etichetta ed un rispetto delle caratteristiche di un campo da golf, sempre molto delicato e ricco di vegetazione, da tee a green, le zone che racchiudono una buca;
- a vestire in modo appropriato e consono;
- a dotarsi di attrezzature adeguate;
- infine la complessa classificazione con l’handicap di gioco, che segue precisi e lunghi criteri soprattutto nella fase di accesso.
Considerando che negli altri sport basta molto meno per giocare e divertirsi fin da subito, ecco trovate altre motivazioni alla convinzione di “sport per ricchi”, cementatasi poi nel corso dei secoli seguendo tradizioni consolidate.
Il golf oggi in Italia
Anche in Italia, dove il golf è arrivato tra il ‘700 e l’800, si giocava tra nobili, sui prati delle ville, ed era sconosciuto ai più.
E’ stato con l’avvento del golf moderno del fenomeno Tiger Woods che le cose sono cambiate: vuoi per la maggior esposizione mediatica, vuoi per un accesso più facilitato alle nuove strutture. Le iscrizioni ai golf club sono finalmente in aumento.
Adesso, per abbattere il suo alone “snob”, è necessario abbandonare i vecchi pregiudizi e aprirsi all’idea di uno sport che fa bene, che è il più democratico in assoluto (permettendo con l’handicap di affrontare e battere anche avversari di caratura superiore), che permette di socializzare, e di confrontarsi con la propria personalità.
E tutto questo ad un costo di certo non proibitivo, e non esclusivamente per un giocatore economicamente benestante. A dispetto della propria natura storica, senza dubbio aristocratica.