Quello che state per leggere è il secondo di tre contributi firmati da Matteo Righetto ovvero una lettera aperta agli insegnanti che si propone di offrire qualche piccolo consiglio a proposito di un argomento che sta alla base del progetto Scuola Twain, riavvicinare le giovani generazioni alla lettura. Domani verrà pubblicata la terza parte ed ultima parte.
1 – Leggete di più.
Per prima cosa, cari colleghi, iniziate voi, a leggere di più. In questi anni ho conosciuto insegnanti che non prendono in mano un romanzo o un saggio da tempo immemorabile, professori e professoresse di lettere rimasti fermi a qualche romanzo di Calvino, o Rigoni Stern, o quando va bene a Il nome della rosa di Eco. Vi sembra normale? Come possono costoro essere credibili agli occhi dei loro studenti? Con quali mezzi possono invitare alla lettura in maniera appassionata e convincente? Quali opere letterarie potrebbero consigliare a un sedicenne o un diciannovenne di oggi? Perciò dico: leggete più libri, informatevi, spulciate qualche buona recensione e scegliete cosa leggere, ma fatelo. Frequentate di più le librerie, acquistate e-book, visitate blog letterari e sfogliate riviste specialistiche, andate ai festival letterari, partecipate ai forum, discutete. Anche questo fa parte del vostro lavoro.
2 – Amate i vostri alunni.
Parola chiave: empatia. Insegnare significa in primo luogo donare, offrire, condividere. E per trasmettere e comunicare davvero una passione, ciò che in primo luogo conta è sì l’amore per ciò che vuoi trasmettere, ma anche l’amore per il tuo destinatario. Ho conosciuto degli insegnanti ai quali, per i motivi più svariati, stanno palesemente sul cazzo gli adolescenti in quanto tali. Ne sono infastiditi, irritati, li considerano minus habentes.
Questi insegnanti non hanno nessuna probabilità (0%) di insegnare alcunché a nessuno dei loro studenti. La loro presenza in aula, ancorché profusa in impegnativissime lezioni e nella trasmissione di migliaia di informazioni, si traduce nei fatti in interi anni scolastici buttati letteralmente nel cesso. Se noi non amiamo i nostri studenti, non possiamo riuscire nell’intento di insegnare loro qualche cosa. Se noi non amiamo la letteratura e non amiamo i ragazzi, non possiamo riuscire nell’intento di fare di nessuno di essi un nuovo, appassionato lettore. Mettetevi nei loro panni, provate qualche volta a “sentire” come “sente” un adolescente, provate ad immedesimarvi in lei o in lui, provate ad immaginare quello che prova di fronte alle prime turbolenze ormonali che la vita gli offre e provate a capirne i terremoti emotivi.
Rispettate il loro mondo, siate curiosi di conoscerlo e comprenderlo. Non fate l’errore di ridimensionare le sue emozioni, con la scusa che alla loro età non hanno problemi, non hanno preoccupazioni eccetera eccetera. Perché non è affatto così. Alla loro età ci sono un sacco di problemi, solo che voi non li capite, ve li siete dimenticati e per questo loro non considerano ciò che avete da comunicare loro. Perché non vi “sentono” e non si fidano di voi. Vi fidereste di un estraneo, voi? Ascoltereste mai il consiglio del primo che passa e per giunta che non dimostra alcuna sensibilità nei vostri confronti? Non siate come i loro genitori, siate i loro insegnanti! Amateli di più, solo così lascerete un’impronta importante nel loro vissuto educativo, non certamente redigendo a puntino il verbale del consiglio di classe.
3 – Ad ognuno il suo libro.
Invitateli a leggere più libri, ma cercate di consigliare quelli giusti per loro. Ogni vostro studente è diverso dall’altro, ognuno con le sue attitudini, le sue passioni, i suoi sogni. Perciò cercate di individuare i libri giusti per ciascuno di loro.
Fate poi capire ai vostri studenti che per apprezzare un buon libro bisogna trovare il tempo da dedicargli e la giusta attenzione. Un libro è vivo e come tutti gli esseri viventi richiede cura e attenzione, dedizione. Solo se i ragazzi si prenderanno cura di se stessi e del libro che intendono leggere, allora quest’ultimo potrà offrire loro tutta la sua ricchezza, il suo valore. Altrimenti no. Per conoscere bisogna aver voglia di conoscere. Per essere amati bisogna amare. Come con le persone, così con i libri.
4- Leggete di più in classe e leggete voi.
Al di là dei programmi ministeriali, dedicate almeno un’ora alla settimana alla lettura in classe di un romanzo, ma fate vivere ai ragazzi quell’ora come un’ora di svago, di piacere, di relax, esattamente come lo sarebbe se si guardasse un film o si andasse a fare una passeggiata nel parco. E niente voti! Un’ora di puro (apparente) alleggerimento didattico. Poco a poco vi accorgerete che essi aspetteranno quel momento della settimana con piacere e impazienza. Ma mi raccomando: fatelo solo per il gusto di farlo, di leggere senza poi dover fare degli esercizi, delle schede di lettura, dei compiti, riassunti, o altre attività di questo tipo. Trasmettetegli così l’idea che leggere è un puro piacere e non un obbligo scolastico. Fategli aspettare quel momento come un regalo che voi fate a loro. Un relax tutto vostro. Una piacevole parentesi tra un’interrogazione di chimica e un compito di matematica.
Fateli leggere tanto, a turno, migliorateli nella dizione, nella pronuncia, nel ritmo e nell’espressione, ma fatelo con altri testi, non con il romanzo o i racconti che avete scelto di leggere insieme in quell’ora della settimana. In quell’occasione infatti dovete essere solo voi a leggere! Questo perché (generalmente) loro non hanno la vostra stessa capacità di interpretare un testo e saper coinvolgere un pubblico con la voce, l’intonazione, il trasporto emotivo. Di conseguenza finirebbero per distrarsi dopo appena due righe, facendo fallire inesorabilmente tutta l’esperienza e facendovi sentire frustratissimi.
5 – Fateli divertire!
Leggere è anche divertirsi e in letteratura il divertimento è un diritto. Quindi non propinate soltanto letture impegnate, ma anche storie più leggere, come certa narrativa di genere (purché buona), sia per i ragazzi che per le ragazze. Sapete quanti miei studenti maschi hanno iniziato a leggere libri grazie a Mark Twain e Joe R. Lansdale, solo per citarne un paio?
E vi prego: non date retta a quegli intellettualoidi cripto-aristocratici per i quali la letteratura è tale solo se è elitaria e impegnata. Questo è un retaggio culturale che non riusciamo a scrollarci di dosso soprattutto a causa di chi tra gli scrittori italiani (e sono numerosissimi), si crede più importante di Kant e sostiene, con una frustrazione mascherata da fierezza, di scrivere volutamente per pochi lettori. Quelli giusti. Ma per piacere! Piuttosto io sto con Dave Eggers quando dice: “La letteratura deve essere per sua natura qualcosa di inclusivo e popolare, nella quale ciascuno ha uguale diritto di cittadinanza e dalla quale ciascuno deve imparare la lezione della professionalità e della cura. Tutto però sempre in una chiave giocosa non stupida, molto accogliente e molto seria. Ma non per pochi, per tutti.” E più numerosi sono i lettori, meglio è.
6 – Fate vivere le storie.
Nel saggio Perché leggere i Classici Calvino scrive: “Un classico è un libro che non ha mai finito di dirci quel che ha da dire.”
Dunque insegnate loro che le storie che leggiamo sono vive e ci parlano direttamente! Fate vivere le storie e non le schede di lettura, sempre le stesse, uguali da generazioni in tutte le antologie del globo terracqueo, con i loro esercizi dementi che stanno alla Letteratura come il Totip sta ai Mustang dell’Oregon. Lasciate stare le schede di lettura, e il registro dei voti, e interrogatevi piuttosto sui personaggi, parlatene con loro, fateli esprimere, lasciate che esternino le loro impressioni, guidateli così nella formazione di un loro spirito critico. Parlatene tutti insieme tra voi, in una sorta di maieutica, di chiacchierata collettiva, di condivisione. Interrogatevi su cosa voleva dire l’autore, sulle azioni dei personaggi, sulle descrizioni, sulle sequenze riflessive, sulla lingua, sugli ambienti. Sulle emozioni che la narrazione provoca in loro.
Piantatela di nascondervi dietro un enjambement o un litote e fateli vivere assieme alle storie. A tale proposito nel saggio: La letteratura in pericolo Tzvetan Todorov afferma: “Il significato di un’opera letteraria non si riduce certamente al solo giudizio dell’allievo, ma deriva da un lungo esercizio di conoscenza. Per intraprenderlo può allora essere anche utile che l’allievo conosca avvenimenti della storia letteraria o alcuni principi dell’analisi strutturale. Comunque sia, in nessun caso lo studio di questi mezzi deve sostituirsi a quello del significato, che è il fine.”
Citate ai vostri studenti quest’altra bellissima frase di Daniel Pennac: “Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.” Ma mentre gliela dite, fate per favore lo sforzo di crederci anche voi.
7 – Partite sempre dai testi.
Calvino disse: “La scuola dovrebbe far capire che nessun libro che parla d’un libro dice più del libro in questione.”
Partire sempre dai testi. Non solo quando dovete affrontare la lettura di un romanzo o di un racconto antologizzato al biennio, ma sempre! Anche quando al triennio dovete svolgere un corso di storia della letteratura, partite sempre dai testi e non perdete ore ed ore sulle biografie degli autori e sulla critica. Quelle verranno da sé, poi. Invece insegnanti e critici fanno di tutto per far credere l’esatto contrario. Vi è di fatto un capovolgimento di valori diffusissimo per cui la biografia dell’autore e l’apparato critico vengono usati come un paravento per nascondere quel che il testo, da solo, ha da dire senza il vaniloquio degli intermediari.
Insegnate ai ragazzi che la bellezza e l’importanza delle opere letterarie stanno nel loro testo, non nella vita di chi li ha concepiti o, peggio, nelle pippe mentali delle interpretazioni critiche. Un esempio. Nelle occasioni in cui mi è capitato di fare il commissario esterno all’Esame di Stato (ex esame di maturità), mi sono sempre imbattuto tristemente in candidati per i quali Leopardi, Verga, Pirandello, Calvino, Sciascia altro non erano che le loro biografie. Punto. Ora: se capita una volta, significa che il candidato è quello che è, ma se capita praticamente sempre, allora significa che il suo docente è quello che è. Quindi: prima il testo, poi tutto il resto, altrimenti sarebbe come studiare pagine di biografia e critica mahleriana senza mai ascoltarne una sola sinfonia oppure come leggere decine di saggi su Ingmar Bergman e non vedere mai alcun suo film.
8 – Insegnate la lingua italiana attraverso la letteratura.
Conosco un sacco di colleghi del biennio delle superiori che hanno praticamente dedicato il loro intero monte ore annuale all’insegnamento della grammatica e dell’analisi logica. Risultato: nullo. I loro studenti continuavano a fare sempre e comunque gli stessi grossolani e gravi errori di: punteggiatura, ortografia, sintassi. Perché? Per due motivi. Il primo riguarda recenti studi fatti dal Giscel (Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica), secondo i quali certi errori linguistici o si correggono entro i 10 anni di età o non si correggono praticamente più (salvo rare eccezioni nelle quali vi è la volontà dello studente di migliorarsi).
Il secondo invece riguarda il fatto incontrovertibile che per un ragazzo di quindici anni le lezioni di pura grammatica sono mediamente un’esperienza di una noia così micidiale che in confronto la nazionale di Lippi in Sudafrica era spettacolo allo stato puro. La soluzione? Ancora una volta sta nella letteratura e soprattutto nella narrativa! Prendete l’antologia leggete un brano, fate loro presente come la punteggiatura dia il ritmo alla frase, come gli accenti e le doppie si debbano scrivere e in quali parole, e in più fate loro scoprire anche nuovi termini, arricchendo così il loro bagaglio lessicale. Fate sì grammatica e sintassi, ma applicatele ai testi: avrete così modo di mostrare più facilmente agli studenti e con mezzi meno noiosi e nettamente più efficaci, i vari usi della lingua italiana.
Avrete inoltre modo di spiegare loro cosa sia la paratassi e cosa l’ipotassi, di quante tipologie siano i complementi, gli aggettivi, gli avverbi, di come si stenda una frase complessa con delle subordinate, di come si coniughino i verbi, di come si possa descrivere un paesaggio o il carattere di una persona e tutto il resto. Grazie alla letteratura e per mezzo di essa i ragazzi svilupperanno le loro conoscenze linguistiche e impareranno ad esprimersi meglio, a trovare le parole giuste.
9 – Fateli scrivere.
Nella tradizione scolastica italiana, la scrittura e le sue abilità sono da sempre state intese esclusivamente come un mezzo espressivo retorico e veicolate in tal senso, e mai invece uno strumento di espressione anche creativa. Pensiamo ad esempio all’esame di maturità: la I prova scritta verte sostanzialmente su:
– analisi del testo
– redazione di un saggio breve o di un articolo di giornale
– tema di argomento storico
– tema di ordine generale
Ciò dimostra con tutta evidenza ciò che sostenevo poco fa: cioè che per la scuola italiana l’unica tipologia di scrittura che riveste un ruolo istituzionale riconosciuto a livello formativo e istruzionale è quella retorica. Nessun riferimento e nessun accenno alla scrittura creativa, la quale, nonostante l’Italia sia la patria di grandissimi romanzieri, poeti e narratori, non viene minimamente considerata in quanto ritenuta di non pari dignità. Se penso che negli Stati Uniti il romanzo La scopa del sistema è stato in buona sostanza la seconda tesi di laurea di David Foster Wallace!
A livello scolastico e accademico da noi non viene minimamente considerato l’alto valore formativo che ha la scrittura creativa. Almeno un paio d’ore al mese, fate scrivere liberamente i vostri studenti, fornite loro delle tracce interessanti, creative, stravaganti. Fate capire loro che con una penna in mano e un foglio bianco sono liberi di fare, dire, essere, viaggiare, trasformarsi in qualunque cosa. Fate in modo che possano inventare delle storie, fantasticare, creare! Trasmettetegli l’idea per cui scrivere è un atto di libertà assoluta! Emilio Salgari disse che: “Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli.”
Piano piano vi renderete conto che dedicare qualche ora della didattica a questa consuetudine non solo sarà utile e salutare per loro e per le loro relazioni sociali, ma si dimostrerà una pratica interessante anche per voi. Ok, so già qual è l’obiezione che molti di voi mi faranno. Direte: “Ma se questi sono mezzi analfabeti, cosa vuoi che scrivano? Come fanno a raccontare una storia?” Le mie risposte sono fondamentalmente tre. Uno: la scrittura creativa li aiuterà a migliorarsi molto più di quanto voi crediate, perché finalmente si sentiranno coinvolti in una storia che gli appartiene, tutta loro, e pertanto saranno molto più concentrati e attenti rispetto a qualsiasi compito di italiano di natura retorica o argomentativa o espositiva o quant’altro. Due: non siete voi gli insegnanti? E allora che domanda è, la vostra? Come li aiutate a correggere gli errori in un saggio breve, così li aiuterete a correggere i loro errori in un elaborato creativo! Tre: scrittura creativa non significa soltanto raccontare una storia. Può voler dire anche fare una bella descrizione della zia Olga che raccoglie i pomodori nell’orto o esprimere un sentimento particolare. Vedrete che questa pratica li avvicinerà di più anche alla lettura di libri. Metteteli alla prova senza snobismi e pregiudizi, sono certo che farete delle belle scoperte.
10 – La letteratura è vita.
Fate capire ai vostri studenti che la letteratura non è cosa morta, polverosa e legata ai secoli passati, bensì viva e pulsante, e parla agli uomini d’oggi!
Isocrate è stato definito il “padre dell’Umanesimo” proprio perché per primo ha riconosciuto l’altissimo valore civico e patriottico (nel senso più classico del termine) della letteratura. Per dirla con T.S. Eliot: “Il contenuto della letteratura è nientemeno che la coscienza umana”, o con Ezra Pound: “La letteratura è nutrimento di energia collettiva ed ha una funzione di fondamento della res publica, della civiltà”.
Spesso invece il messaggio che dalle cattedre giunge ai ragazzi è tale per cui essi abbiano l’impressione che tutto ciò che ha a che fare con la narrativa, con la poesia, con la saggistica, sia qualcosa di ammuffito, vecchio, morto, destinato ad allettare le disperate giornate di solitudine di pochi sfigatissimi nerd dediti alternativamente alla lettura e alla pratica della masturbazione. Nostro compito è quello di rompere questo muro di ignoranza, diffidenza e pregiudizio e far capire loro che la letteratura parla direttamente a noi e che la buona narrativa non solo ci trasmette emozioni, ma ci fa fare esperienza, ci fa crescere, parlandoci di vita, amore, odio, dolore, felicità… Ci parla di noi. Perciò insegnategli che figo è chi legge!
Disse Sir Francis Bacon: “Non leggete per contraddire o confutare, né per credere o dare per scontato, bensì per ponderare e riflettere.” Insegnate loro che la letteratura, anche divertendoli, li aiuta a crescere e a maturare una consapevolezza di sé e degli altri.
La letteratura dà un nome alle nostre sensazioni e alle nostre esperienze. Leggere per conoscerci meglio, come scrisse Cesare Pavese: “Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma.”
La letteratura ci aiuta a conoscere meglio l’uomo nel suo mondo. Gli altri, e quindi noi stessi tra gli altri. E cos’è la vita, se non un viaggio di conoscenza di sé? Come sostiene Todorov: “La conoscenza della letteratura non è fine a se stessa, ma rappresenta una delle vie maestre che conducono alla realizzazione di ciascuno.”